
Occhio e vista
Scopri perché nella nostra posizione non dobbiamo sorprenderci di avere, con tana frequenza, problemi di vista: anzi è un fatto tipico
Buongiorno a tutti! ⚘ Condivido delle informazioni sul tema “occhio e vista” che ho raggruppato a seguito di un’indagine fatta per un’amica che soffre di coroidosi miopica.
Gli occhi corrispondono al sole e al maschile. La vista è vicina alla coscienza.
Gli occhi sono divenuti organi sensoriali di prima classe quando il cervello ha acquisito una posizione di preminenza. Ma se è vero che il pensiero informa la vista, possiamo essere certi anche del contrario, e cioè che la vista informa il pensiero: in entrambi la possibilità e le fonti di errori coincidono e le due facoltà si stimolano reciprocamente.
Il pensiero ha sempre aiutato la vista a superare in modo elegante i diversi errori che essa compie; infatti mentre possiamo avere percezioni uditive e olfattive in tutte e quattro le direzioni, ci è consentito di vedere solo la metà del mondo.
La vista è orientata verso la luce del sole, i cui raggi sembrano prendere sempre la strada più dritta e più breve. In modo corrispondente, noi cerchiamo anche di pensare e progettare seguendo una linea retta evitando le deviazioni.
Abbiamo costruito il nostro mondo circostante artificiale basandoci sulla linea retta e sugli angoli di 90°, mentre la natura vive di curve e arrotondamenti e non conosce queste nostre figure geometriche.
Non solo il nostro pensiero tende alla strada più breve, ma anche tutte le nostre idee e le nostre aspettative di un ulteriore sviluppo sono proiezioni lineari nel futuro. Poiché però nella realtà niente accade in modo rettilineo, in queste pianificazioni qualcosa va sempre di traverso.
Molte cose ci ricordano che la violenza fatta al nostro ambiente naturale ha a che fare con l’imposizione forzata della direzione rettilinea. Ciò si basa su un errore di pensiero strettamente connesso alla vista.
Abbiamo privilegiato la vista rispetto all’udito e abbiamo collocato al primo posto la lucida ragione. Diciamo che alla nascita “vediamo la luce” del mondo, sebbene sappiamo che molto prima di vedere questa luce abbiamo sentito il battito del cuore materno e che nelle fasi decisive della vita è meglio ascoltare il cuore che badare alla ragione.
La struttura di questo organo ci rivela un’altra complessa caratteristica della nostra vista e quindi anche della nostra coscienza: non siamo in grado di vedere con la retina in modo ugualmente valido e acuto. Ai margini, la facoltà visiva è più debole e la capacità di percepire i colori limitata: solo al centro l’occhio svolge le sue funzioni nel migliore dei modi.
La vista impone al nostro organismo uno sforzo di concentrazione: quando fissiamo lo sguardo su un punto, ne eliminiamo automaticamente un altro. Allo stesso modo concentriamo la coscienza sulle cose più importanti e lasciamo cadere nel vuoto quelle non essenziali.
L’esperienza della prospettiva dimostra quanto sia importante il ruolo della valutazione sia nel processo della vista che in quello del pensiero. Distorcendo la realtà, percepiamo ciò che è vicino come grande e ciò che è lontano come piccolo. Per questo l’egocentrismo, che nel corso della storia ha improntato il nostro pensiero, è già presente nel nostro modo di vedere.
Ci siamo imposti di vedere soltanto ciò che esiste al di fuori di noi, sebbene in qualsiasi momento il nostro occhio possa dimostrarci il contrario. Ogni immagine, infatti, si sviluppa sempre e soltanto sulla retina, che innegabilmente è posta all’interno del nostro corpo.
Le copie, tuttavia, ci permettono di venire a conoscenza di un’altra verità: chi guarda il sole e poi chiude gli occhi, vede una macchia nera, un negativo del sole, che all’esterno non esiste affatto.
I sogni ci dimostrano ogni notte che non abbiamo sempre bisogno della retina per vedere. Tutte le immagini, sia quelle che apparentemente percepiamo all’esterno e proiettiamo dentro di noi, sia le visioni oniriche, sono in realtà sempre rappresentazioni interiori.
Nonostante ciò noi consideriamo il nostro occhio una macchina fotografica e riteniamo che tutto ciò che fotografiamo al di fuori di noi è veramente lì fuori. L’occhio quindi rappresenta la base tanto per la razionalizzazione quanto per la proiezione, appoggia le nostre valutazioni e, operando delle scelte, limita la nostra percezione del mondo.
In questa posizione non dobbiamo sorprenderci di avere con tanta frequenza problemi agli occhi: è anzi un fatto tipico. Che noi tutti tendiamo a stancare troppo i nostri occhi, è dovuto alle esigenze del nostro mondo che in prima istanza è ottico.
Di conseguenza, ogni volta che ci rifiutiamo di riconoscere a livello conscio le cose che percepiamo, si creano dei problemi. Non guardare dentro, il non volere accettare ciò che percepiamo, si somatizza in forme e malattie diverse.
Le culture cosiddette “primitive” dimostrano che questi fenomeni sono così frequenti soltanto da noi: non essendo costretti a guardare in un’unica direzione, i loro ragazzi superano l’adolescenza senza cadere nella miopia e col passare degli anni non sono colpiti da presbiopia.
Dal libro: Malattia linguaggio dell’Anima di Rudiger Dahlke